Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 18

[20] ESULTA, O CIELO, SU DI ESSA, E VOI, SANTI, APOSTOLI, PROFETI, PERCHÉ CONDANNANDO BABILONIA DIO VI HA RESO GIUSTIZIA!”.
A) Fedele al metodo delle antitesi che si alternano e si accavallano fino alla conclusione, di contro alle lamentazioni precedenti, spicca ora l’invito alla gioia e all’esultanza. Manca l’indicazione della voce o del coro che invita gli eletti a gioire. Si ripete la breve proclamazione della vittoria riportata dai seguaci dell’Agnello che echeggia nel cielo, in Ap 12,12. B) “Le tre lamentazioni sono suggellate da una voce esterna che si rivolge ai giusti e alle vittime del potere oppressivo: essi assistono al giudizio divino con gioia perché per loro significa la fine di un incubo e l’inizio di un orizzonte di luce e di pace” (Gianfranco Ravasi, Apocalisse, Piemme, 2004, p. 175). Non c’è dubbio che gli avvenimenti descritti in questi capitoli finali dell’Apocalisse e che riguardano la fine di Babilonia e poi dell’Anticristo, richiamano fortemente le parole di Gesù nel Vangelo: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). C) Questa esultanza la ritroviamo in Ap 19,1-8, dove pure si giubila perché Dio ha distrutto la meretrice e ha preso possesso del suo regno; “sono giunte le nozze dell’Agnello, la sua sposa è pronta”. Subito dopo è descritto Gesù che viene sulle nubi del cielo insieme al suo esercito celeste, distrugge l’Anticristo e il falso Profeta,li getta nello stagno di fuoco e zolfo e dà inizio al “millennio”, all’epoca di pace e di grande sviluppo della fede cattolica. D) “Esulta o cielo”. Il cielo e i santi sono invitati ad esultare e rallegrarsi per il terribile castigo e la rovinosa caduta di Babilonia la grande. È ben difficile pensare che siano gli stessi mercanti – che parlavano un versetto prima - a pronunziare queste parole. Probabilmente qui è la stessa voce del versetto 4, che pronunzia queste parole. Sono canti di gioia che ritroviamo in Ap 19, 1-10.

E) “Santi, apostoli e profeti”. Sono nominati a parte rispetto al cielo, quindi si tratta di coloro che sono sulla terra. Sono le persone in terra, più vicine a Gesù e che più hanno sofferto per le iniquità e gli abomini commessi da Babilonia e dall’Anticristo. Dio ha reso loro giustizia punendo severamente i loro persecutori. Queste persone a cui Dio rende giustizia sono certamente quelle citate al versetto 24: “In essa (in Babilonia la grande) fu trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti coloro che furono uccisi sulla terra”. La coppia “santi, profeti” la troviamo in Ap 16,6. Gli apostoli qui nominati non sono i 12 Apostoli: quando Giovanni scrive l’Apocalisse essi, tranne lui, sono già tutti morti. Rientrano nella categoria dei semplici “apostoli di Gesù”, cioè coloro che si sono impegnati a diffondere e far conoscere il Vangelo. F) Chi sono e a quale periodo della storia appartengono questi “santi, apostoli e profeti”? Il testo stesso dicendo che “Dio condannando Babilonia ha reso loro giustizia”, fa capire senza ombra di dubbio che essi sono relativi al tempo dell’Anticristo e mostra il loro legame solo con la persecuzione e il martirio subito da Babilonia la grande.

Distruggendo questa Babilonia la grande e in questo periodo, Dio ha reso giustizia ai “santi, apostoli e profeti” di questo periodo e non a quelli di altri tempi, che sono vissuti in altre circostanze e a cui ha reso giustizia in un altro modo. Quindi viene fatto riferimento solo ai “santi, apostoli e profeti” del tempo dell’Anticristo, che durante il regno iniquo della Bestia hanno ricevuto da lui ingiustizia e soprusi. G) I “santi, gli apostoli e i profeti”, di cui si parla in questo versetto, sono solo coloro che hanno attraversato la “grande tribolazione” (la grande persecuzione e il grande martirio) cioè sono solo i martiri-decapitati di cui si parla in Ap 7, 9-14; in Ap 14,1-5; in Ap 15, 2-4; in Ap 16,6; in Ap20,4. Sono i 144.000, il gruppo unico e particolare di santi martiri solo del tempo dell’Anticristo, diverso da tutti gli altri gruppi di martiri prima e dopo di loro, che “sopravanzerà” – per le sofferenze subite e per la violenza diabolica che si scatenerà contro di loro - tutti i martiri di tutti i tempi, prima e dopo di loro, come ben ha detto di loro S. Cirillo di Gerusalemme (S. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi, Città Nuova Editrice, 1993, XV Catechesi battesimale, paragrafo 17, p. 332). Perciò, questi martiri speciali, avranno una sorte unica, particolare, diversa da quella di tutti gli altri prima e dopo di loro. Questo gruppo di martiri-risorti appartiene solo al tempo dell’Anticristo escatologico e quindi tra di essi non si possono rubricare tutti i martiri di tutti gli altri tempi e di tutte le altre situazioni; tanto meno si può superficialmente pensare che essi siano il simbolo di tutti i bravi cristiani di tutti i tempi. H) “Perché condannando Babilonia Dio vi ha reso giustizia”. Dio ha esaudito il grido degli uccisi del quinto sigillo. È la realizzazione di quanto abbiamo letto in Ap 6,9-10: “Vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?”. Giudicando Babilonia la grande Dio ha fatto giustizia, vendicando il sangue dei martiri da lei messi a morte. I) Il giudizio di Dio presenta un doppio aspetto: 1) di condanna inesorabile per Babilonia e i suoi complici; 2) di glorificazione dei buoni. Dopo l’eliminazione dell’Anticristo e dei suoi seguaci, la Chiesa rimarrà la sola padrona del campo, per un lungo periodo di tempo (il “millennio”).

[21] UN ANGELO POSSENTE PRESE ALLORA UNA PIETRA GRANDE COME UNA MOLA, E LA GETTÒ NEL MARE ESCLAMANDO: “CON LA STESSA VIOLENZA SARÀ PRECIPITATA BABILONIA, LA GRANDE CITTÀ E PIÙ NON RIAPPARIRÀ.
A) “Un angelo possente prese una pietra grande e la gettò nel mare”. Possente come l’angelo in Ap 5,2 e in Ap 10,1. Con questa espressione si vuole indicare un momento particolarmente solenne. Con questo gesto simbolico un angelo afferma che la caduta di Babilonia sarà improvvisa, rapida, violenta e totale. In greco “Oùtos òrmémati bletésetai Babiulon è megàn pòlis”. Quella pietra grande cade su Babilonia come una pietra tombale e la cancella dalla terra e dalla storia. Nel momento in cui Giovanni ha la visione, sembra che la città non sia ancora caduta.

B) “Così con impeto sarà gettata Babilonia la grande città”. Impeto; in greco “òrmémati“; nei LXX essa indica sia slancio, sia collera. In effetti viene lanciato con impeto anche perché essa realizza il giudizio di Dio di punizione di Babilonia. C) La parola dell’angelo interpreta l’immagine messa in scena. Anche Geremia con questo stesso simbolo predisse la rovina dell’antica Babilonia, quella che fu distrutta molti secoli prima di Cristo: “Legherai una pietra e la getterai in mezzo all’Eufrate dicendo: “Così sarà immersa Babilonia e più non si rialzerà” (cfr. Ger 51, 63-64). L’immagine della macina era stata usata da Gesù per indicare il destino dei seminatori di scandali (Mt 18,6). D) “Mola” è una macina di mulino. In greco “lìton os miùlinon mégan”; “una pietra come macina di mulino grande”. E)“E più non riapparirà”. Babilonia sarà distrutta per sempre, non riapparirà più (cfr. versetto 14). “Lo sguardo che viene gettato su Babilonia per l’ultima volta è un panorama estremo di desolazione. Esso è dipinto attraverso un tessuto di citazioni profetiche nelle quali si descrivono gli effetti del giudizio divino. /…/ Un sudario di silenzio e di morte si stende su tutta la vita civile:le musiche, i rumori, le voci gioiose si spengono per sempre (per tre volte Geremia

– in 7,34; 16,9; 25,10 – descrive il tacere della “voce dello sposo e della sposa” come segno della condanna divina). Cassiodoro, uomo politico e scrittore cristiano vissuto nel VI secolo, nel quinto libro delle sue “Institutiones” per la comunità di studio e preghiera da lui fondata a Squillace in Calabria, aveva scritto una frase folgorante: “Se noi commettiamo ingiustizia, rimarremo senza musica”. Questo è il destino di Babilonia, città dal male” (Gianfranco Ravasi, Apocalisse, Piemme, 2004, pp. 177-178).

[22] LA VOCE DEGLI ARPISTI E DEI MUSICI, DEI FLAUTISTI E DEI SUONATORI DI TROMBA, NON SI UDRÀ PIÙ IN TE; ED OGNI ARTIGIANO DI QUALSIASI MESTIERE NON SI TROVERÀ PIÙ IN TE; E LA VOCE DELLA MOLA NON SI UDRÀ PIÙ IN TE;
A) Nella città è spenta ogni vita; ogni sua attività esuberante e brillante è cessata per sempre. Tutte le espressioni usate esplicitano la profezia “non si troverà più”. Si descrivono ora nei particolari il silenzio (che colpisce dopo una tragedia) e l’oscurità (non c’è più luce) in cui sarà immersa la grande città-prostituta. Babilonia precipita trascinando con sé tutta la sua dolce vita, gli echi delle sue feste, l’allegria, la gioia, la voce dello sposo e della sposa, il rumore della mola, le tracce del suo benessere, la luce della lampada, il calore dei suoi trionfi e successi. È una scena di festa che precipita in tragedia. La grande metropoli del male presa dalle sua frenesia non ha sentito e non ha avuto il tempo di sentire i passi dell’angelo della morte.

B) Le ragioni di così tremenda punizione sono l’opulenza, l’idolatria ed è esplicitamente segnalato il fatto che ha tormentato e ucciso i martiri cristiani, perseguitati solo in odio alla fede. Viene fatto un elenco di cose che si ritrovano normalmente nella vita di una città, per riaffermare, in altro modo, che questa città empia, una volta distrutta non ricomparirà mai più. Ogni accento di gioia e di festa, accompagnata dal suono della musica non si udrà più; ogni lavoro necessario alla vita di una città, non si troverà più. Non ci sarà che deserto e desolazione.

[23] E LA LUCE DELLA LAMPADA NON BRILLERÀ PIÙ IN TE; E VOCE DI SPOSO E DI SPOSA NON SI UDRÀ PIÙ IN TE. PERCHÉ I TUOI MERCANTI ERANO I GRANDI DELLA TERRA; PERCHÉ TUTTE LE NAZIONI DALLE TUE MALÌE FURON SEDOTTE.

A) Ogni casa, nell’antica Palestina, aveva la sua macina per preparare il pane della giornata e la sua lampada che si accendeva alla sera, quando la famiglia era riunita. Tutto questo scomparirà e la città sarà “solitudine e deserto” (Ger 25,11). La luce della lampada non brillerà più in questa città maledetta; non ci saranno più matrimoni: anche le coppie amorose non saranno più presenti. Babilonia era un regime antiumano, perverso, un mercato spietato, al servizio dell’Anticristo; tutte le nazioni della terra era state sedotte dai suoi incantesimi, dalle sue magie. La rovina è totale perché tutto era contaminato e viziato dall’idolatria e dal politeismo. B)“Malie”. In greco “oti én te farmakeia sou èplanetesan panta ta etne”, “perché con gli incantesimi di te furono sedotte tutte le genti”. La vulgata ha questa espressione: “quia in veneficìis tuis erravérunt omnes gentes” “perché a causa dei tuoi sortilegi errarono tutte le genti”, “poiché dai tuoi sortilegi furono sedotte tutte le nazioni”.

[24] IN ESSA FU TROVATO IL SANGUE DEI PROFETI E DEI SANTI E DI TUTTI COLORO CHE FURONO UCCISI SULLA TERRA.
A) Infine si indica ancora una volta il motivo della condanna di Babilonia la grande. In Ezechiele Gerusalemme è chiamata “città di sangue” (Ez 24,6). Prima di tutto la distruzione di Babilonia è stata causata dal suo feroce odio contro Dio che l’ha portata ad assassinare i profeti e i santi di Dio. L’aver versato il sangue dei martiri è la causa prima della sua distruzione. B) Come l’antica Gerusalemme (distrutta nel 70 d.C.) era stata accusata da Gesù di assassinare i profeti e gli inviati di Dio, per la qual cosa sarebbe ricaduto su di essa tutto il sangue versato (cfr. Mt 23,25), così anche “Babilonia la grande” sarà castigata duramente per aver sparso il sangue dei martiri. Si sente chiaramente l’eco del rimprovero di Gesù alla città santa: “Gerusalemme, Gerusalemme , che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati. /…/ Ecco (per questo) la vostra casa vi sarà lasciata deserta” (Mt 23, 37). E quindi sono anche ben appropriate a lei le parole minacciose di Gesù: “Ricadrà su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra” (Mt 23, 35).

C) Il grande delitto infatti che ha provocato il castigo di “Babilonia la grande” è stata la sua persecuzione feroce e violenta contro i cristiani solo perché cristiani, l’aver versato il sangue innocente di tanti testimoni della vera fede: “santi, apostoli e profeti e tutti coloro che furono uccisi sulla terra”. Essi sono stati messi a morte solo per la loro fede cristiana. Per rimarcare che essi sono stati uccisi fisicamente, che si tratta cioè proprio di un martirio fisico, il testo usa un’espressione che non si presta ad equivoci: “il sangue di coloro che furono uccisi sulla terra”. D) Inoltre nell’ultimo rigo il testo recita: “eurete kaì pànton ton èpì tes ghes”, “fu trovato (il sangue) di tutti gli immolati della terra”. “Èsfaghmeon” è il participio perfetto passivo del verbo “sfazo” (“coloro che sono stati uccisi”). Il verbo “sfazo” (= verbo sgozzare; sostantivo “staghion” = vittima, sacrifico, offerta) viene riservato, di regola, per parlare della morte di

Cristo e del martirio dei suoi fedeli. Non si può fare a meno di notare che in Ap 6,9 le anime di coloro che sono viste sotto l’altare sono di persone “immolate”, “sgozzate”, le “anime degli sgozzati” (“tàs psiucàs ton èsfaghmenon”, “degli sgozzati”), dove è usato lo stesso verbo (“sfazo”) e nella stessa declinazione. In Ap 20,4 Giovanni vede le anime dei “decapitati” (“tàs psiucàs pepelekismenon”). Babilonia la grande si è macchiata di questo sangue innocente. La giustizia di Dio non ne può più di sopportare questa iniquità e questo crimine.

Don Guglielmo Fichera

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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30