Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 20

“Lo studio del Capitolo 20 presenta una delle maggiori difficoltà dell’Apocalisse” (Pierre Prigent, l’Apocalisse di Giovanni, Borla, 2000, p. 596). Tutti gli studiosi riconoscono di trovarsi di fronte ai versetti che presentano l’interpretazione più problematica. Il capitolo 20 è, in un certo senso, il capitolo cerniera. È il capitolo che decide e condiziona l’interpretazione di tutto il libro, nel senso che fornisce il quadro fondamentale, la chiave di lettura per parametrare, per sistemare cronologicamente e ordinare bene la scaletta essenziale degli avvenimenti escatologici descritti nell’Apocalisse e, forse, anche la chiave di lettura per interpretare bene i tempi in cui viviamo. Il Capitolo 19 e il Capitolo 20, in modo particolare vanno letti insieme, sono due capitoli “a seguire”. Quello che accade all’inizio del Capitolo 20 (versetti 1-6) si comprende come conseguenza e conclusione di quanto descritto nel Capitolo 19. L’insieme di questi avvenimenti è ciò che S. Ireneo di Lione ha definito la “fine dei tempi”, cioè la fine di un mondo cattivo, posseduto dall’Anticristo e il ripristino del paradiso terrestre, cioè di un lungo periodo di pace e di grande sviluppo spirituale. “Il capitolo 20 presenta due visioni fondamentali di carattere narrativo: la prima è dedicata alle vicende del regno millenario; la seconda parla della risurrezione dei morti” (Eugenio Corsini, op. cit., p. 345). Per ben sei volte Giovanni (Ap 20, 2.3.4.5.6.7) parla dei “mille anni” (lungo periodo di pace), una ripetizione che ha come scopo proprio di rinsaldare bene, nella mente di coloro che leggono la realtà di questo grande dono di Dio, e di ribadirne il valore speciale e straordinario.


1° COMBATTIMENTO ESCATOLOGICO E IL REGNO DEI “MILLE ANNI”

[1] VIDI POI UN ANGELO CHE SCENDEVA DAL CIELO CON LA CHIAVE DELL’ABISSO E UNA GRAN CATENA IN MANO.
A) “Un Angelo che scendeva dal cielo”. Nel testo greco non c’è “poi”, è detto solo “Kai eìdon anghelon katabaìnonta èk tou ouranou” (“e vidi un angelo discendente dal cielo”). Non c’è l’avverbio di tempo che indichi, che questa scena è avvenuta immediatamente dopo, ma è certa e chiara l’indicazione che quanto è descritto nei primi versetti del Cap. 20 è la logica conseguenza della vittoria del Verbo di Dio, descritta nel Cap. 19. B) “Dal cielo”. È indicato così che è il cielo che interviene per mettere fuori combattimento l’avversario. Si tratta di un intervento dal cielo per incatenare Satana, così come era stato un intervento del cielo (cfr. Ap 19, 11-16.19-21) a sconfiggere il “burattino” di Satana, l’Anticristo, nel Capitolo precedente, il Cap 19.

C) Questo angelo non è affatto come Gesù e non può essere identificato o confuso con Gesù. “Ruperto di Deutz (+ 1129) riferisce la discesa dell’angelo di Ap 20, 1-3, alla discesa spirituale di Cristo tra le gentes (successiva alla “discesa” dell’Incarnazione), la cui conversione ad opera degli Apostoli determina la fine del culto pubblico già tributato agli déi pagani” (Annali di storia dell’esegesi, 15/1, 1998, EDB, p.268). Come tutti gli angeli che scendono dal cielo, anche questo angelo è dotato di grande potenza. Quest’angelo scende dal cielo per concludere l’azione vittoriosa di Cristo che cavalca, travolgendo i suoi nemici (cfr. Ap 19,11-21). È una prova evidente che il Capitolo 20 conclude il Capitolo 19 e che questi due capitoli vanno letti insieme, perché sono uno (Ap 20) la continuazione e la conclusione dell’altro (Ap 19). Abbiamo già evidenziato che questi due Capitoli costituiscono un’unità tematica. D) “Con la chiave”. La chiave dell’Abisso è un’espressione simbolica per indicare il potere sull’Abisso. Questa chiave o questo potere è nella mani di Cristo (cfr. Ap 3,7) perché ogni creatura nel triplice regno (cielo, terra, abisso) è sottoposta al potere di Cristo (cfr. Ap 5,13; Fil 2,10). E) “L’abisso”. “Deve essere distinto dallo stagno di fuoco e zolfo” (P. Prigent, l’Apocalisse, Borla, 2000, p. 612). L’abisso è un inferno provvisorio. Secondo Lc 8,31, i demoni, che si chiamano legione, supplicano di non essere rimandati nell’abisso. L’Abisso è il nome dato alla regione sotterranea dei demoni (cfr. Lc 8,31; cfr. 2 Pt 2,4), cioè all’inferno. In Ap 11,7 e Ap 17,8 si dice che la Bestia deve salire dall’Abisso. L’Abisso è una prigione provvisoria, fino al Giudizio

finale. È la residenza delle potenze infernali. “Nell’Apocalisse – l’Abisso - è indicato come il luogo di pena provvisorio (per “mille anni”) (Ap 20,14-15), destinato agli angeli decaduti; mentre il luogo definitivo di punizione per Satana e i suoi seguaci è lo “stagno di fuoco e di zolfo” (Ap 20,10.14-15)” . (cfr. Nuovissima Versione della Bibbia, Apocalisse, San Paolo, 2002, p. 99 e p. 158). F) Al principio dell’era cristiana viene ridotto il potere del diavolo dalla Pasqua di Cristo. Il sintomo più evidente della riduzione del suo potere - a quel tempo - fu la notevole riduzione e regressione dell’idolatria. Per la proprietà transitiva possiamo affermare allora che quando l’idolatria dilagherà, sicuramente sarà anche perché il potere e l’influenza del diavolo saranno dilaganti, perché sarà ritornata a manifestarsi la sua mortale influenza. E questo accadrà (o è già accaduto) prima che si manifesti l’Anticristo escatologico. G) “Una gran catena in mano”. Indica il grande potere e il grande incarico conferito a questo angelo e anche il grande legamento a cui Satana è sottoposto. Più è grande la catena, più è immobile chi è incatenato.
Il potere del diavolo di sedurre le nazioni, è soppresso per un tempo determinato.

SATANA INCATENATO PER MILLE ANNI
Il testo ora si riferisce alla prigionia di Satana e al fatto che non può più, sulla terra, sedurre le nazioni, cioé non può esercitare un’influenza mondiale, collettiva, mentre resta – molto ridotta - quella personale e individuale.

[2] AFFERRÒ IL DRAGONE, IL SERPENTE ANTICO - CIOÈ IL DIAVOLO, SATANA - E LO INCATENÒ PER MILLE ANNI;
A) “Il serpente antico”. Il Demonio è il nemico originario, il serpente del Paradiso, ecco perché è definito “serpente antico”, perchè ai primordi dell’umanità sedusse i nostri progenitori inducendoli al primo e più terribile male: il peccato originale (cfr. C.C.C., nn. 396-421; cfr. n. 37; n. 55; n. 279).

B) “Lo incatenò per mille anni”. I demoni incatenati non sono una novità. Si trovano già in Isaia 24,22, dove gli eserciti degli angeli ribelli sono imprigionati da Dio negli abissi. Satana è bloccato come una belva in gabbia. Il particolare è così importante che Giovanni lo ripete per ben quattro volte (Ap 20, 4.5.6.7). C) Siccome Satana è puro spirito, questa espressione “essere incatenato”, va presa in senso metaforico, per indicare una grande limitazione di potere. D) Secondo gli autori dell’interpretazione simbolica-origeniana, questo imprigionamento temporaneo è la conseguenza della venuta di Cristo, della Sua vittoria, per cui il diavolo viene legato da chi è più forte di lui (Mt 12, 29 ss e passi paralleli), per tutto il tempo che va dalla Risurrezione di Gesù fino al Giudizio Universale (Parusia), cioè tutto il tempo della Chiesa. Il Demonio con la Pasqua di Cristo e dalla Pasqua di Cristo non ha più il potere che aveva prima dell’Incarnazione, benché egli, come si vede, continui ancora a tentare gli uomini (cfr. Ef 6, 11-17; 1 Pt 5,8-9). E) Questi autori simbolisti sostengono che il Demonio è stato legato 2000 anni fa e quindi non può più sedurre le nazioni. Secondo S. Agostino (interpretazione simbolico-origeniana) “l’incatenamento del diavolo significa che non gli è permesso di esercitare tutta la sua forza di tentatore” (La Città di Dio, 20,8). Ma noi vediamo che questa posizione non rispetta la realtà dei fatti: non è vero che non ci sono più guerre mondiali, terrorismo internazionale, genocidi di massa, perversione diffusa a livelli planetari, aborto esportato dovunque; non è vero, che non ci sono più crimini contro l’umanità; “le mutilazioni, le torture le incarcerazioni arbitrarie,

le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani” (Gaudium et spes, n. 27; cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, n. 3); aggiungiamo anche la legittimazione giuridica dei “matrimoni gay”, la barbarie della pedofilia. “Questo inquietante panorama, lungi dal restringersi, si va piuttosto dilatando: /…/ nascono nuove forme di attentati alla dignità dell’essere umano, /…/ sono giustificati alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e su tale presupposto, ne pretendono non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da parte dello Stato. /…/ Scelte un tempo unanimamente considerate delittuose e rifiutate dal comune senso morale, diventano a poco a poco socialmente rispettabili” (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, n. 4). L’interpretazione simbolico-origenista, su questo punto, è fallimentare perché non è vero che il Demonio non esercita più questa seduzione sulle nazioni, al contrario, questa seduzione è dilagante ed estesa a livello planetario. Gesù stesso predice “un tempo futuro” in cui si “sentirà parlare di guerre e di rumori di guerre. /…/ Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno” (Mt 24, 6-7).
GIUDIZIO SU SATANA IN DUE FASI
F) “Per mille anni”. Il primo atto del millennio, e quasi la sua condizione, è l’incatenamento di Satana. Un numero rotondo e completo per indicare il grande periodo di tempo delimitato, durante il quale il potere del demonio sarà ristretto e molto limitato.

Qui è descritto - di fatto – 1) un primo giudizio su Satana, un giudizio provvisorio, parziale. Alla fine del mondo ci sarà 2) il secondo giudizio su Satana, quello definitivo. “Il primo accenno al “millennio” nel testo fa riferimento alla durata della “prima punizione” di Satana. L’esistenza di una pena provvisoria e transitoria, che precede la pena definitiva, il castigo eterno, è un dato ben presente nella tradizione apocalittica di tipo enochico (cfr. I Libro di Enoch 10,6-7). In Enoch 10,12 la durata della punizione intermedia o provvisoria è di “settanta generazioni”. In 1 Enoch 18,12-16 si parla dell’incatenamento di angeli ribelli decaduti per una punizione temporanea - di “10.000 secoli” o mille millenni - fino al giudizio finale (cfr. 2 Pt 2,4); distinguendolo bene, dunque, dalle pene eterne loro riservate. In Enoch 21,3.6.10 pure è riportato un loro castigo temporaneo, di 10.000 anni. In Enoch 10,4-6 Dio dà ordine ad un suo angelo d’incatenare Azazele (cioè Satana) per gettarlo nel fuoco all’ultimo giudizio. Questo schema si ritrova ancora nelle ultime fasi dell’apocalittica giudaica antica (cfr. 2 Baruc 36,11). G) Il periodo di “mille anni”, nell’Apocalisse compare soltanto in questo contesto; non abbiamo, quindi, paralleli interni al libro che possano aiutare a cogliere significati particolari. /.../ Si tratta di numeri totalizzanti multipli di 10, ad indicare la totalità di un periodo di tempo: sia o no un millennio di mille anni, il periodo indicato è un periodo completo. Inoltre Giovanni non introduce questo periodo per indicare la durata del regno messianico, ma primariamente per definire la durata della punizione transitoria di Satana: il regno messianico durerà quanto dura quella, non viceversa. Il “millennio” è quindi un periodo che riguarda, in primo luogo, le vicende di Satana” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 308-310). L’incatenamento di Satana riguarda la sua attività seduttrice mondiale, la sua azione sulle nazioni, non certo la possibilità della tentazione del singolo individuo. H) “L’espressione “mille anni” va presa in senso simbolico /…/ indica una sua presenza attiva e continuata nella storia. Una durata realistica, espressa in termini umani, viene categoricamente esclusa” (Ugo Vanni, Tempo ed eternità nell’Apocalisse, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione S. Luigi, San Paolo, 2002, p. 46-48).

[3] LO GETTÒ NELL’ABISSO, VE LO RINCHIUSE E NE SIGILLÒ LA PORTA SOPRA DI LUI, PERCHÉ NON SEDUCESSE PIÙ LE NAZIONI, FINO AL COMPIMENTO DEI MILLE ANNI. DOPO QUESTI DOVRÀ ESSERE SCIOLTO PER UN PÒ DI TEMPO.
A) “Lo gettò nell’Abisso - sigillò la porta - per mille anni”. “In 1En. 10,4-7 leggiamo: “Il Signore disse a Raffaele: “Lega mani e piedi ad Azazel e gettalo nella tenebra! /…/ affinché possa essere gettato nel fuoco nel giorno del grande del Giudizio” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 310).

B) “Il drago così, viene confinato nel suo ambiente, l’abisso. Viene addirittura – un particolare nuovo rispetto alla presentazione iniziale – posto un sigillo sulla chiusura. Il drago è completamente separato dalla zona degli uomini, con i quali non può avere nessun contatto. Il drago così non potrà più, come aveva fatto sotto la forma di “serpente antico” in Gen 3, ingannare e fuorviare gli uomini; per “mille anni” non potrà esercitare il suo influsso fuorviante. /…/ Mille anni costituisce un’espressione simbolica” (Ugo Vanni, Tempo ed eternità nell’Apocalisse, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione S. Luigi, San Paolo, 2002, p. 45-46). Questa interpretazione è completamente in contrasto con quella di S. Agostino nella Città di Dio, dove egli sostiene – a torto – che questo incatenamento significa che il diavolo nel cuore degli empi è impedito di esercitare la sua influenza negativa (cfr. La Città di Dio, XX, 7, 3-4, Rusconi, 1992, pp. 1003-1005; cfr. XX,8,1-3). C) “Perchè non seducesse più le nazioni”. Il termine greco usato (“planan”) significa propriamente “sviare”, “ingannare”. Giovanni lo ha usato per caratterizzare sia l’azione di Satana (cfr. Ap 12,9; 20,3.8.10), sia dei suoi accoliti (Ap 13,14; 19,20), sia di Babilonia (Ap 18,23), sia dell’eretica profetessa Gezabele (Ap 2,20). In tutti questi passi il verbo si riferisce all’IDOLATRIA e alla sua diffusione a livello mondiale. Satana tornerà a traviare le genti – con un’azione diretta, positiva ed universale – solo al compimento dei “mille anni” (dopo i quali ci sarà il Giudizio Universale), ma in tutto questo periodo è messo nell’impossibilità di nuocere. Non si vuol dire con questo che non tenta più i singoli uomini, ma solo che il suo raggio d’azione malefico è diventato planetario, internazionale; che la sua azione diabolica ha raggiunto un’ampiezza mondiale, universale, che ha esteso la sua clientela e il suo spazio operativo! Questa particolare influenza mondiale riprenderà ad esercitarla solo quando, terminato il periodo di “mille anni”, verrà rimesso in libertà per l’ultima battaglia prima del Giudizio Universale (cfr. Ap 20,7). D)Durante il “millennio” esistono ancora sulla terra le nazioni, poichè la distruzione degli eserciti anticristiani (cfr. Ap. 19,21 non implica la distruzione dell’intera umanità. La fine dell’influenza infernale e le grazie abbondantissime durante il “millennio”costituiscono questo periodo come un era nuova, unica, originale, che non è ancora quella della perfezione celeste, ma ne costituisce un “preludio” come scrive S. Ireneo di Lione.

Qualunque sia l’interpretazione adottata, i “mille anni” comunque sono un periodo di tempo che si svolge sulla terra, si tratta di anni storici-terreni, di un lungo periodo di tempo qui sulla terra. E) Secondo E. Corsini invece, “non è fondata sul testo la certezza, data per scontata, che il regno millenario si svolga sulla terra. Né il testo autorizza a pensare che la “prima risurrezione” di cui si parla, significhi tornare a vivere nel corpo. /.../ Lupieri dice che l’invocazione del giudizio delle anime de quinto sigillo (Ap. 6,11) è stata esaudita nella battaglia-giudizio di Armaghedon.

Dunque le “anime degli sgozzati” sono anch’esse “risorte con il corpo” per partecipare al regno di Cristo sulla terra? Inoltre costoro (gli sgozzati-risorti) esercitano mansioni sacerdotali e partecipano alla regalità di Cristo /.../ cioè avrebbero le stesse prerogative che i fedeli di Cristo già posseggono in questa vita: essi infatti sono re e sacerdoti” (op. cit., p. 360). “Dopo il giudizio, che ha colpito successivamente Babilonia e le due Bestie, eccoci al castigo ultimo del primo nemico, il Diavolo” (Pierre Prigent, op. cit., p. 599). F) “Dopo questi dovrà essere sciolto per un pò di tempo”. “Dopo questi”, cioè dopo i “mille anni”. Non c’è dubbio che il testo ripete più volte che c’è un “prima” e c’è un “dopo” i mille anni. Qui si afferma che dopo essere stato incatenato per “mille anni”, il demonio viene liberato per un pò di tempo, per tornare a sedurre le nazioni, cioè per tornare ad esercitare un’azione seduttrice mondiale, non solo personale. L’attività satanica finale (prima del Giudizio Universale) durerà poco tempo. S. Agostino – sbagliando la determinazione dei periodi – pensa che questo “pò di tempo”, coincida con i 3 anni e sei mesi del Regno dell’Anticristo (cfr. Città di Dio, XX, 8,3; XX, 13, pp. 1016-1018).

[4] POI VIDI ALCUNI TRONI E A QUELLI CHE VI SI SEDETTERO FU DATO IL POTERE DI GIUDICARE. VIDI ANCHE LE ANIME DEI DECAPITATI A CAUSA DELLA TESTIMONIANZA DI GESÙ E DELLA PAROLA DI DIO, E QUANTI NON AVEVANO ADORATO LA BESTIA E LA SUA STATUA E NON NE AVEVANO RICEVUTO IL MARCHIO SULLA FRONTE E SULLA MANO. ESSI RIPRESERO VITA E REGNARONO CON CRISTO PER MILLE ANNI;
A) “I Seduti sui troni giudicano”. L’ipotesi più probabile è che coloro che giudicano non sono gli angeli, non sono i 24 Vegliardi o i 12 Apostoli, ma sono i martiri e i santi (cfr. 1 Cor 6,2 ss). La visione si ispira a Dan 7,9 ss, con la visione dell’Anziano e del Figlio dell’uomo che giudicano e regnano. Furono stabiliti dei troni (Dan 7,9); il tribunale si assise (Dan 7,10); furono aperti i libri (Dan 7,10; cfr. Ap 20,12).

La quarta bestia è consegnata al fuoco (Dan 7,11; cfr. Ap 19,10). Il Figlio dell’uomo riceve la regalità (Dan 7,14). Anche i santi ricevono a loro volta la regalità (Dan 7,18), “il regno, il potere, la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo” (Dan 7,27), dopo che il potere dell’ultimo nemico (la quarta bestia), è stato annientato (Dan 7,26)./.../ Chi sono i giudici? I fedeli? (cfr. Mt 19,28; Lc 22,30; 1 Cor 6,2 s). In primo luogo, i martiri, quelli che hanno pagato con la vita la propria testimonianza resa a Gesù e alla Parola di Dio? B) Secondo alcuni essi sarebbero i 12 Apostoli (Mt 19,27-28). La Bibbia di Gerusalemme mette tra i passi paralleli di questi versetti, proprio Ap 20,4. S. Agostino afferma che essi sono i capi della Chiesa (Città di Dio, XX, 9,2). “Anche Ruperto di Deutz identifica le sedi di Ap 20,4 con le sedi episcopali, alle quali è affidato il compito di giudicare i fedeli” (Annali di storia dell’esegesi, 15/1, 1998, EDB, p. 263). Si noti bene però che nel Giudizio Universale, sia nella descrizione dell’Apocalisse (20, 11), sia in quella del Vangelo di Matteo (25,31), a giudicare c’è solo Gesù. Non si parla per niente - in nessuna della due descrizioni - né di 12 troni né di altri troni, cioè non si parla proprio di altre persone che giudicano accanto a Lui. C) In Daniele, Dio è il presidente della corte, mentre i suoi assistenti non si nominano. Per lo più le affermazioni del versetto 4 vengono spiegate così: i cristiani risuscitati prendono posto sui troni e ricevono il potere di giudicare il mondo. Ma bisogna osservare che i “risorti” vengono menzionati solo più avanti e quindi l’attribuzione ad ognuno di loro di un trono, cioè di un seggio
di giudice, è alquanto strana. Alcuni allora vedono applicati a questo versetto i passi di Daniele citati sopra. Viene descritto, allora, l’insediamento di una corte celeste presieduta da Cristo, la quale riconosce ai cristiani martiri e quindi veri testimoni, il loro giusto diritto ad essere associati alla vittoria di Cristo e ad essere premiati partecipando al “millennio” escatologico. Quindi coloro che giudicano con Cristo, stando su dei troni, e i martiri-decapitati-risorti, non possono essere le stesse persone.
Giovanni nomina i secondi dopo i primi. Secondo altri invece, si tratterebbe delle stesse persone viste in immagini essenziali, condensate in pochi rapidi tocchi.
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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30