Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 20

GIUDIZIO UNIVERSALE

[11] VIDI POI UN GRANDE TRONO BIANCO E COLUI CHE SEDEVA SU DI ESSO. DALLA SUA PRESENZA ERANO SCOMPARSI LA TERRA E IL CIELO SENZA LASCIAR TRACCIA DI SÉ.
A) “Un gran trono bianco”. Solo adesso si può parlare del Giudizio finale o Giudizio Universale, che viene descritto con le stesse modalità, da Gesù, in Mt 25,31-46: anche lì la scena del Giudizio finale comincia anch’essa, infatti, con la menzione del “trono” (cfr. Mt 25,31) su cui siede il Figlio dell’Uomo. Il trono su cui siede il Giudice è “grande”, a differenza dei troni visti in precedenza (cfr. Ap. 4,2; Ap. 20,4) ad indicare il Giudizio “grande”, cioè quello universale. Il trono di Dio è detto “il trono di Dio e dell’Agnello” (cfr. Ap. 3,21; Ap. 22,1). Tempo e spazio cessano di esistere. A più riprese Dio è designato come Colui che siede sul trono (Ap 4,2. 9; 5,1.7.13; 6,16; 7,10,15; 19,4; 21,5), quindi non c’è nessun dubbio che qui il Giudizio è operato da Dio. Il colore bianco, nell’Apocalisse è il simbolo proprio del divino (Ap 3,5; 4,4; 6, 11; 7,9; 19,11). Siccome in seguito si parlerà esplicitamente del “trono di Dio e dell’Agnello” (Ap 22,1), non si possono avere dubbi sul fatto che il giudizio è operato da Dio e dall’Agnello, o meglio da Dio nell’Agnello: Dio giudica per mezzo di Gesù Cristo (cfr. Rom 2,16). “Ci sono differenze sostanziali tra il giudizio che precede il regno dei “mille anni” (Ap 20,4) e il Giudizio Universale (descritto in questi versetti) che segue allo scontro con Gog e Magog. Nella scena del giudizio che prelude al regno millenario, Dio giudice è assistito (come il Vegliardo di Daniele), da una corte celeste. Nel giudizio invece che segue allo scontro di Gog e Magog, il giudice divino appare come unico protagonista” (Eugenio Corsini, op cit., p. 346 e pp. 371-372). L’isolamento in cui è descritta la divinità e l’assenza accanto a Lei di altri componenti della corte celeste, indica che questo giudizio è operato soltanto ed esclusivamente da Dio e quindi si tratta del Giudizio Finale o Universale.

B) “Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo”. Il vecchio cielo e la vecchia terra scompaiono. “Nel giorno del Signore i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno” (2 Pt 3,10-12). “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mc 13,31). Quando si instaurerà la nuova economia (cfr. Rom 8, 19-21), è logico che la vecchia economia scompaia, avremo “nuovi cieli e una nuova terra, dove avrà stabile dimora la giustizia” (2 Pt 3,13). Si noti la differenza tra lo scenario del Giudizio finale (tutti i morti risorgono e vengono divisi in due schiere; Ap 20, 11-15; cfr. Mt 25, 31-33) e invece lo scenario di Gesù che ritorna sulle nubi: 1) Nella prima scena la terra è scomparsa, i cadaveri degli antichi abitanti, che erano nei sepolcri, vengono restituiti, essi cioè risorgono tutti per il Giudizio Universale. 2) Nella seconda scena la terra è invece normale, esiste con i suoi abitanti vivi e vegeti, intenti alle loro occupazioni quotidiane e si tratta di una venuta in mezzo ad un mondo di vivi, intenti ai loro lavori,

come prima del diluvio o ai tempi della distruzione di Sodoma e Gomorra (cfr. Mt 24, 4-36). Tra di essi Dio sceglie quelli degni di sopravvivere come Noè, per fondare la nuova umanità santa, che ripopoli la terra in maniera conforme al progetto di Dio, come avvenne per gli Ebrei sotto Giosuè, quando occuparono la terra promessa.

[12] POI VIDI I MORTI, GRANDI E PICCOLI, RITTI DAVANTI AL TRONO. FURONO APERTI DEI LIBRI. FU APERTO ANCHE UN ALTRO LIBRO, QUELLO DELLA VITA. I MORTI VENNERO GIUDICATI IN BASE A CIÒ CHE ERA SCRITTO IN QUEI LIBRI, CIASCUNO SECONDO LE SUE OPERE.
A) “I morti, ritti davanti al trono”. È chiaramente la risurrezione finale dei corpi per il Giudizio Universale (cfr. C.C.C., n. 1038). Davanti a Dio sfila tutta l’umanità per essere giudicata, grandi e piccoli (cfr. 2 Cor 5,10). B) “Furono aperti i libri”. I libri dove sono scritte tutte le azioni - buone e cattive - di tutti gli uomini. Si tratta di un’espressione simbolica per dire che Dio (davanti al quale nulla è dimenticato), in quel giorno, farà conoscere a ciascuno tutto il bene e tutto il male che avrà fatto (cfr. La Città di Dio, XX,14). Sul libro della vita invece sono indicati i nomi di coloro che avranno la vita eterna.

“L’esistenza di rotoli o di tavolette celesti - dove sono registrate tutte le azioni degli uomini in vista del giudizio - è un topos della letteratura apocalittica (cfr. Mal 3,16; Libro dei Giubilei 30,22; 1 Enoch 90,20; 2 Baruc 24,1; 4 Esdra 6,20; Ascensione Isaia 9,22). Qui la scena deriva da Dan 7,10. La novità di Giovanni consiste nell’aggiunta, rispetto ai rotoli (o libri) che contengono i resoconti delle opere dei morti, di “un’altro rotolo: quello della vita”, il cui rapporto col rotolo della vita di Ap 3,5; Ap13,8 e Ap 17,8 (e successivamente in Ap 20,15 e 21,7) è ovvio. In questo rotolo particolare dovrebbero essere contenuti i nomi dei salvati” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 322). “Talvolta, nella letteratura apocalittica extrabiblica, vengono distinti due libri: il primo dove si registrano i peccati, il secondo dove si registrano le opere di giustizia. Per esempio, nel testamento di Abramo, recensione A (Cap 12) si descrive un angelo che tiene aggiornati i due libri. Nella recensione B (Cap 11) si legge che Enoch li conserva entrambi in

archivio. /.../ Il nostro testo distingue tra questi registri un solo libro, quello della vita. /…/ L’A.T e il giudaismo sanno che Dio ha messo in un libro celeste i nomi dei santi, dei giusti o degli eletti (cfr. Es 32,32; Sal 69,29; Dan 12,1; Enoch 47,3; 103,2; 108,3)” (Pierre Prigent, op. cit., p. 631). Dio dispone di un archivio immenso, completo e particolareggiato, per cui non saranno possibili “false testimonianze”. C) “I morti giudicati ciascuno secondo le sue opere”. “Il Giudizio finale manifesterà il bene e il male di ciascuno. Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà (Sal 50,3).....Egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: “Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro; voi non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me” (n. 1039) (cfr. anche n. 1040). D) Le opere di cui parla il testo non sono, evidentemente, le opere solo esteriori. Gesù stesso aveva condannato l’ipocrisia dei farisei (Mt 23) e messo in guardia anche contro i falsi discepoli (Mt 7, 21-27). Qui si intendono “i frutti buoni prodotti da alberi buoni e viceversa i frutti cattivi prodotti da alberi cattivi” (Mt 7, 15-20).

[13] IL MARE RESTITUÌ I MORTI CHE ESSO CUSTODIVA E LA MORTE E GLI INFERI RESERO I MORTI DA LORO CUSTODITI E CIASCUNO VENNE GIUDICATO SECONDO LE SUE OPERE. [14] POI LA MORTE E GLI INFERI FURONO GETTATI NELLO STAGNO DI FUOCO. QUESTA È LA SECONDA MORTE, LO STAGNO DI FUOCO. [15] E CHI NON ERA SCRITTO NEL LIBRO DELLA VITA FU GETTATO NELLO STAGNO DI FUOCO.
A) “Il mare restituì i morti che esso custodiva”. Tutta la creazione, in qualche modo partecipa del peccato e deve scomparire per fare posto alla nuova creazione. Lupieri si chiede se si tratti di tutti gli affogati della storia, non sepolti sotto terra, oppure quelli che si trovavano sul “terzo delle navi” in Ap 8,9 (cfr. Edmondo Lupieri, op. cit., pp. 322-323). Qualcuno ha obiettato che al versetto 11 si dice che sono scomparsi la terra (e quindi anche il mare) e il cielo; ma poi al versetto 13 si dice che il mare restituì i suoi morti e mettono in evidenza almeno la contraddizione letterale tra i due versetti. Almeno letteralmente - sembrerebbe che malgrado la scomparsa della terra, Giovanni supponga la permanenza del mare. Potrebbe trattarsi solo del modo di procedere di Giovanni ad “ondate”: l’onda successiva ritorna sui fatti già affermati e ne fornisce un ulteriore approfondimento o chiarimento o specificazione. Non è facile col vocabolario solo umano tentare di descrivere una realtà e una verità che si può indicare - per la sua natura - solo approssimativamente, perché non c’è un vocabolario adeguato.
B) “La morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi”. La coppia Morte-Ade appare, insieme, anche in Ap 1,8 e in Ap 6, 8. Giovanni vi vede due sinonimi. Il termine Ade è la parola greca che di norma traduce l’ebraico “sheol” (il luogo dove abitano i morti) nei Settanta. Qualcuno ha evidenziato le “incongruenze” del testo: mentre il cielo e le terra spariscono (Ap 20,11), sembra che il “mare”, invece - in questo versetto - sia ancora presente. Secondo E. Corsini questa incongruenza dipende dal fatto che gli elementi - cielo, terra, mare - vengono intesi erroneamente in senso esclusivamente fisico. “Come vanno intesi questi tre contenitori? /.../ La sostituzione da parte di Giovanni del mare alla terra (la terra è il luogo normale della sepoltura dei cadaveri) non è casuale, e non è spiegabile sul piano fisico. È assai probabile che col termine “mare” Giovanni indichi il complesso delle forze malvage, diaboliche e umane (la prima Bestia viene dal mare, cfr. Ap 13,1), che hanno dominato la storia umana fino alla venuta di Cristo. /.../ La nuova creazione, il “cielo nuovo e la terra nuova” sono da intendere come un rinnovamento spirituale radicale del mondo creato. /.../ Dire allora che il “mare non c’è più” significa dire semplicemente che le forze malvage, di cui esso è simbolo, anche se possono continuare a perseguitare e uccidere, non possono più tenere in loro possesso i morti, che d’ora in avanti, sono soggetti al giudizio di Dio. Lo stesso discorso si deve fare riguardo alla “Morte” e all’Ade. Anche loro vengono gettati nello stagno di fuoco. /.../ Allegoria per indicare la fine del dominio spirituale di Satana sull’umanità” (E. Corsini, op. cit., pp. 370-372).

C) “Ciascuno secondo le sue opere”. È ripetuto di nuovo quanto detto al versetto 12, con la precisazione insistente che il giudizio riguarda ogni singola persona, ogni specifico individuo. Non si danno “giudizi collettivi” , non sono giudicati i popoli nella loro globalità, le nazioni in generale, gli uomini in modo generico ed astratto; non sono giudicate le “squadre di calcio”, i “collettivi studenteschi” , le “assemblee”, i “consigli di amministrazione”, ma le singole persone, i singoli individui, nella loro concretezza storica ed esistenziale. Non esiste insomma “il 6 politico”! Il giudizio riguarda la singola persona, con la sua storia, le sue scelte, la sua vita in Cristo e/o i suoi peccati (cfr. Gv 15,1-11). D) “La morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco”. La morte e l’Ade (lo sheol, il soggiorno dei morti) avranno la stessa sorte di Satana e delle due Bestie. Qui la morte è vista come una specie di potenza cattiva al servizio delle tenebre. La morte e l’Ade sono presentati quasi come mostri diabolici, come nemici, che sono gettati nell’Abisso di fuoco e messi così definitivamente, anche loro,
fuori causa, secondo quanto detto anche da San Paolo (1 Cor 15,26). Col Giudizio finale, non esisterà più la morte fisica (cfr. Sir 39,29), entrata nel mondo col peccato originale (cfr. Rom 5,12; 1 Cor 15,21; cfr. Gen 3,19; cfr. Sap 2,24). La morte (fisica) e il soggiorno dei morti spariscono (cfr. 2 Tm 1,10). E) “Nella struttura dei vv. 11-15 i morti appaiono a due ondate e per due volte Giovanni parla di giudizio. 1) La prima volta, al v. 12, i morti stanno diritti davanti al trono, e di essi non è detto da dove vengono. 2) La seconda volta invece viene detto da dove vengono i morti (dal mare, dalla morte e dagli inferi). Infine è indicata la punizione di chiunque non è scritto nel libro della vita. /…/ Ci potremmo trovare di fronte a un semplice procedere “a ondate” (tipico di Giovanni) all’interno di una stessa visione. In questo caso le “due ondate” sarebbero: 1) 1^ ondata: Giovanni vede subito tutti i morti e accenna al loro giudizio. 2) 2^ ondata: Giovanni dice da dove vengono e ripete le modalità del giudizio” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 323). F) “E chi non era scritto nel libro della vita”. “Il v. 15 sembra presupporre la presenza sia di persone il cui nome è scritto nel libro della vita, sia di persone il cui nome non è scritto in esso (cfr. Dan 12,1). Mentre la “prima risurrezione” riguarda soltanto una primizia di salvati, questa volta abbiamo la presenza sia dei condannati sia dei non condannati. /…/
G) “Fu gettato nello stagno di fuoco”. Lo “stagno di fuoco”, riceve i dannati per ondate successive: prima la Bestia e lo pseudo Profeta, poi il Diavolo, quindi Morte ed Ade, infine tutti i morti il cui nome non è scritto sul libro. Dove si trova, Giovanni non lo dice” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 324). La negazione, volontaria e cosciente, della vera Vita, cioè di Cristo, è la morte eterna e produce conseguentemente la morte eterna (cfr. Mt 25, 31-46).


Don Guglielmo Fichera

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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30