Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 20

GIUDIZIO DI GESÙ IN DUE FASI
D) “Giovanni vede alcuni seduti sui troni che giudicano: questo giudizio non è il Giudizio universale, quello definitivo, che verrà tenuto solo dal “seduto sul trono grande bianco” e verrà descritto nei versetti 12-15 successivi. Chi sono allora questi “alcuni seduti sui troni”? Come vi è una doppia battaglia [I) Armaghedon II) e Gog e Magog ] e una doppia punizione (una provvisoria ed una definitiva), così deve esservi un doppio giudizio (questo parziale e quello finale). Se vale la corrispondenza fra combattimento e giudizio (cfr. Ap 19,11 e nota), questi primi giudici dovrebbero essere dei combattenti. Potrebbero allora coincidere con i cavalieri del Logos (cfr. Ap 19,14) che non sembrano svolgere nessuna funzione e che, se non fossero identici a costoro, scomparirebbero dalla scena senza traccia. Non è chiaro su chi o su che cosa siano chiamati a giudicare” (Edmondo Lupieri, p. cit., p. 311). Anche secondo S. Agostino – il quale pensa che a giudicare siano i Pastori della Chiesa (cfr. Mt 18,18) - qui Giovanni non si riferisce affatto al Giudizio Universale: “non si deve pensare che qui ci si riferisca all’ultimo giudizio” (La Città di Dio, XX, 9,2, ed. cit., p. 1010). Questa interpretazione zoppica vistosamente ed è poco sostenibile. E) È evidente la differenza tra questo giudizio - senza “il grande trono bianco e il seduto sul trono” del v. 11 - operato solo da alcuni seduti su dei troni - e il giudizio descritto in seguito nei versetti 11-15, dove si descrive il Giudizio universale.

F) “Vidi poi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare”. Non c’è dubbio che si tratti di un “Giudizio in piccolo”, ma molto diverso dal Giudizio Universale. Esso corrisponde a quello che ci sarà dopo il “Giudizio delle nazioni”; (Lc 21,24; At 3,21; Ap 19,15; cfr. Is 2 dove esso è legato al “giorno del Signore”), che avverrà alla “fine dei tempi”. Alla “fine dei tempi” Gesù verrà sulle nubi del cielo, per compiere il giudizio delle nazioni, eliminare l’Anticristo, restaurare tutte le cose e far partire un’epoca di pace e di grande sviluppo spirituale. Il quadro descritto in Is 2, Is 11 e Is 65, compreso quello della prosperità della terra e della mansuetudine degli animali (quest’ultimo già realizzato in Gesù e da Gesù - cfr. Mc 1,12 - e nella vita di alcuni santi: cfr. F.F. nn. 753-754. 756-757; n. 1852), a livello mondiale, cioè per tutta l’umanità, fino ad ora non si è mai realizzato.

Questo quadro di avvenimenti è definito “il giorno del Signore” ed è cosa ben differente e distante – come si può constatare - dal Giudizio Universale. G) Dove sono collocati questi troni? In cielo?

SCENARI DIVERSI AVVENIMENTI DIVERSI
H) Se al Giudizio universale corrisponde una risurrezione universale, a questo “Giudizio in piccolo e parziale” può ben corrispondere una risurrezione parziale e in piccolo. SI TRATTA (fine dei tempi e fine del mondo) DI DUE SCENARI DIVERSI, DI DUE MOMENTI DIVERSI, DI DUE DESCRIZIONI DIVERSE. La manifestazione di Gesù, al tempo della distruzione dell’Anticristo, è cosa diversa, distante e altro, rispetto alla fine del mondo! Salta agli occhi la differenza tra lo scenario del Giudizio finale (tutti i morti risorgono e vengono divisi in due schiere; Ap 20, 11-15; cfr. Mt 25, 31-33) e invece lo scenario di Mt 24,31: in quest’ultimo caso si tratta di una venuta in mezzo ad un mondo di vivi. Tra di essi Gesù sceglie quelli degni di sopravvivere come Noè, per fondare la nuova umanità santa, che ripopoli la terra. Questa venuta di Gesù sulle nubi era stata annunziata (cfr. Dan 7,13-14; At 1, 9-11) e ritroviamo nell’Apocalisse due volte questa immagine (cfr. Ap 14,14-16; cfr. Ap 19, 11-16).

Il carattere messianico del passo di Daniele era stato così ben riconosciuto dagli Ebrei che ne avevano tratto per il Messia il nome di “ANANI”, IL NUVOLOSO, perchè è rappresentato “veniente sulle nuvole del cielo”. Nel passo collegato con la venuta di Gesù sulle nubi, in 2 Tess 1,6-10, il termine “venuta” di Gesù - in quel giorno - è stato sostituito qui col termine corrispondente “rivelazione” o “manifestazione” (cfr. 1 Cor 1,7-8, in greco:”tèn àpokàliupsin tou kiurìou èmon Iesou Cristou”); (1 Tm 6,14, in greco: “mécri tes èpifaneìas tou kiurìou èmon Iesou Cristou”, cfr. Lc 17, 30). La venuta di Gesù sulle nubi sarà una rivelazione, una manifestazione che ha tratti suoi originali, e che è diversa - pur nell’unità del mistero - dalla prima venuta (a Betlemme) e dall’ultima venuta (Giudizio Universale).

I) Sono illuminanti le parole di S.Ireneo di Lione: “L’Anticristo dopo aver devastato questo mondo, regnerà tre anni e mezzo e s’assiderà nel tempio di Gerusalemme (cfr. 2 Tess 2,4); allora verrà il Signore dal cielo sulle nubi, nella gloria del Padre, a cacciare nello stagno di fuoco lui (l’Anticristo) e tutti i suoi seguaci, mentre prolungherà ai giusti il tempo del regno, cioè il riposo del settimo giorno santificato” (op. cit., V, 30, 4; Edizioni Cantagalli, Siena, 2002, pp. 230-231).

J) In Mt 24,30-33, Gesù viene sulle nubi del cielo e la scena poi si interrompe bruscamente, non viene detto nulla di quello che accade dopo, in quanto la scena sembra perfettamente compiuta in sé. Gesù, venuto sulle nubi, dal cielo, opera la restaurazione di tutte le cose (cfr. At 3,21), apre per i suoi eletti, i giusti, il tempo del settimo giorno santificato (cfr. Ap 20,4) e se ne va così com’è venuto, sempre e solo restando in cielo e senza “sbarcare” sul pianeta terra, da nessuna parte e in nessun modo. Gesù cioè non torna fisicamente sulla terra per regnare materialmente sulla terra, immaginando il Messia come un altro re Davide, e il suo regno, qui sulla terra, come un regno terreno e politico che è l’essenza dell’eresia millenarista - ma interviene dal Cielo (e nel cielo resta), determina un “giudizio in piccolo” (cfr. Ap 20,4-5), restaura tutte le cose (cfr. At 3,21), premia i martiri della feroce persecuzione dell’Anticristo (cfr. Ap 20,6) e poi sparisce. Ci sarà poi il lungo periodo di “mille anni”. Dopo il quale sono indicati la liberazione di Satana, l’ultima e finale battaglia, detta di Gog e Magog (cfr. Ap 20,7-9), l’eliminazione definitiva e completa di Satana, e infine il Giudizio Universale. Ha ragione allora Edmondo Lupieri nel porre questa scaletta degli avvenimenti: “1) battaglia di Armaghedon; 2) regno millenario; 3) battaglia di Gog e Magog; 4) giudizio universale; 5) nuova Gerusalemme” (cfr. Eugenio Corsini, Apocalisse di Gesù Cristo, SEI, Torino, 2002, p. 21).

DECAPITATI - RISORTI

K) “Vidi anche le anime dei decapitati”. “Il verbo usato precisa anche che questi martiri sono stati decapitati con la scure. /.../ Le “anime dei decapitati” si trovano all’accusativo, come secondo complemento oggetto dell’ “io vidi”. Ora “e quelli che” si trovano al

nominativo. Giovanni prosegue l’elenco come se si trattasse di soggetti. Si tratta di un secondo gruppo o degli stessi decapitati? I cristiani che rifiutano di adorare la Bestia e non ne portano il marchio rischiano la morte (cfr. Ap 13,15), ma essi sono dei vincitori, fanno parte di quei confessori che seguono il Maestro a qualsiasi costo. /.../ Ed ecco (allora) i giudici. /.../ Vincitori e giudici” (Pierre Prigent, op. cit., pp. 616-618; cfr. Gianfranco Ravasi, Apocalisse, Piemme, 2004, p. 192). L) Giovanni afferma di aver visto le anime dei decapitati (in greco: “tòs psiucas ton pepelekismènon”), non i loro corpi, non i decapitati nel loro corpo. Ora le anime, per loro natura, sono immortali, non possono morire. Possono solo “morire” alla grazia, possono perdere la grazia di Dio e quindi “morire” alla grazia, ma non possono morire nella loro natura, nella loro sostanza spirituale. Perché allora Giovanni afferma di vedere “le anime” dei decapitati? Egli vede tutta la sequenza degli avvenimenti di questi eletti, come in un film. Giovanni vede come i vari fotogrammi di questo film, la sequenza cronologica degli avvenimenti. Questi decapitati non sono infatti risorti subito: sono stati decapitati, sono quindi morti, e le loro anime si sono separate dal corpo. È poi passato del tempo, prima che essi riprendessero il corpo: deve prima infatti essere eliminato l’Anticristo e solo dopo può iniziare il “millennio escatologico” e quindi la “risurrezione dei martiri-decapitati”.

UNA O DUE CATEGORIE DI ELETTI?
M) Chi sono i destinatari di questo giudizio? Si dividono in due categorie: 1) i martiri, indicati non più come sgozzati (cfr. Ap 6,9), ma come decapitati dalla scure romana; 2) quelli che avevano trionfato sulla Bestia rifiutando di adorarla e respingendo il suo marchio. Questa interpretazione suppone che si devono intendere due soggetti differenti: 1) le anime dei decapitati (in greco: “kaì tàs psiucàs ton pepelekismènon”) 2) e quelli che non hanno adorato la Bestia (in greco: “kaì oitines ou prosekiùnesan tò terìon”). Secondo alcuni ci sarebbero due categorie diverse di persone e non una stessa ed unica categoria. Secondo costoro la congiunzione “kaì” tra le due categorie impedirebbe di vedere nella preposizione seguente (la n. 2) una nuova determinazione e designazione delle stesse anime di decapitati; per fare questo - dicono loro - bisognerebbe esprimere sia il “kaì”, sia “oitines”.

Essi quindi intendono come soggetti differenti 1) “le anime dei decapitati” 2) e “quelli che non hanno adorato”: (tas fiukas ton pepelekismenon....., kai oitines ou prosekiunesa). Per quanto irregolare sia la frase (l’accusativo “tas fiukas”, dipendente forse da “eidon”, poi un nominativo coordinato a questo accusativo), la congiunzione “kai” impedisce di vedere nella proposizione seguente una nuova determinazione e designazione di queste anime di decapitati. Se facciamo riferimento al testo greco, per quanto irregolare sia la frase (l’accusativo “tàs psiucàs” dipendente forse da “eìdon”; poi un nominativo coordinato a questo accusativo, come accade spesso nell’Apocalisse), l’impressione chiara che si ha è che si tratti di un’unica categoria di persone, e la seconda parte sia solo una specificazione delle loro caratteristiche e un richiamo alla loro storia.

Vediamo il testo: “kaì tàs psiucàs ton pepelekismènon dià tèn marturian Iesou kaì dia tòn lògon tou Teou kaì oitines ou prosekiùnesan tò terìon oùdè tèn eìkona autou kaì oùk élabon tò kàragma èpì tò mètopon kaì èpì tèn cheira aùton”. Tradotto letteralmente, recita così: “e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e a causa della parola di Dio e che non avevano adorato la Bestia né l’immagine di essa e non avevano ricevuto il segno sulla fronte e sulla mano loro”. È proprio forte la convinzione che si tratta di un’unica categoria di persone e non di due categorie. N) Queste anime, come abbiamo già visto nel commento al Cap. 7 (cfr. Fede e cultura, n. 26, febbraio 2005, pp. 18-19), sono le stesse di Ap 6,9-11, sono le stesse di
Ap 7,4-15, sono le stesse di Ap 14,1-5, ed ora sono descritte come “decapitate” (specificazione di “immolate”) perché hanno rifiutato di prestare culto alla Bestia.

UN GRUPPO DI SANTI-MARTIRI UNICO
Questo gruppo di “decapitati-risorti”, costituisce un gruppo di santi-martiri-risorti, unico, particolare, diverso da tutti gli altri gruppi di martiri, prima e dopo di loro e, per questo, sopravanzano - dice S. Cirillo di Gerusalemme - tutti i martiri prima e dopo di loro e, per questo, avranno una sorte unica, particolare, diversa da quella di tutti gli altri, prima e dopo di loro. Questo gruppo di santi martiri unico e specifico, appartiene solo al periodo dell’Anticristo escatologico e quindi tra di essi non si possono rubricare martiri di altri momenti e di altre situazioni della storia della salvezza.

Soltanto essi – stando al testo - avranno questo premio della “prima risurrezione”; soltanto loro entreranno nel regno millenario in una condizione trasformata. Questo gruppo unico, specifico e particolare di martiri dell’Anticristo escatologico, si trova collocato solo al tempo dell’Anticristo e quindi non si può confondere, accorpare o assimilare a nessun altro gruppo di martiri precedenti alla sua venuta. Ap 20, 4 colloca questo gruppo di martiri, inequivocabilmente, solo dopo la venuta dell’Anticristo escatologico e quindi in un tempo e in uno spazio storico diverso da quello di tutti coloro che sono venuti prima di loro e che verranno dopo di loro. Quei tempi, infatti, saranno tempi di tenebre senza precedenti; di manifestazioni e prodigi diabolici eccezionali; di situazioni d’inganno e di spinta all’apostasia, uniche ed esclusive; tempi di una potenza satanica che si manifesterà in modo unico, particolare e senza precedenti nella storia.

Si registrerà una violenza di persecuzione come mai c’era stata prima e mai più ci sarà. O) In Ap 6,9 queste anime erano definite “sgozzate”; ora vengono definite come “decapitate”: il verbo usato è un hapax e, nel Nuovo Testamento, indica l’esecuzione mediante mannaia o bipenne. In Ap 6 si sottolinea la somiglianza con l’Agnello sgozzato. In Ap 20 si sottolinea la morte mediante colpo inferto da bipenne che è tipico degli animali sacrificati dai pagani di cui, i seguaci della Bestia, rinnoveranno le crudeltà. Questi sgozzati con la loro veste bianca in Ap 6 e in Ap 7, rimandano ai cavalieri del Logos che sono vestiti di lino bianco e puro (cfr. Eugenio Corsini, op. cit., p. 347). P) “Le “anime dei decapitati” e i “resistenti alla Bestia”, non sarebbero i giudicati, ma sarebbero i giudici e coinciderebbero con i cavalieri del Logos (cfr. Mt 19,28) (cfr 1 Cor 6,2-3). “Di queste anime è detto che ebbero vita (letteralmente “vissero”) e regnarono con Cristo per mille anni, mentre tutti gli altri morti non ebbero vita (letteralmente “non vissero”) fino al compimento dei mille anni” (Eugenio Corsini, op. cit., p. 346).
Q) I fautori del simbolismo affermano: “Si ha un rovesciamento di posizioni: gli uccisi vivono e gli esclusi regnano. Si dice che “vissero”, dopo che si è affermata la loro uccisione violenta. Alla morte viene contrapposta una vita, che compare sullo stesso piano dove si è verificata la morte e che consiste in una ricomparsa nel mondo visibile della storia. /…/ Si tratta di una presenza nella storia attuale da parte dei cristiani già passati all’altra vita (sic!). /…/ L’influsso esercitato nella storia dai cristiani che sono nell’aldilà, collegato con la risurrezione di Cristo, comporta una certa risurrezione. Giovanni tiene a precisare che questa è solo una “prima risurrezione” (ànàstasis é pròte”, letteralmente “la risurrezione quella prima”). Dopo si avrà la seconda, quella intesa in senso pieno, in senso fisico” (Ugo Vanni, Tempo ed eternità nell’Apocalisse, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione S. Luigi, San Paolo, 2002, pp. 52-54). Si noti come Ugo Vanni prima afferma che 1) “Alla morte viene contrapposta una vita, che compare sullo stesso piano dove si è verificata la morte e che consiste in una ricomparsa nel mondo visibile della storia” e poi lo nega clamorosamente affermando che 2) si tratta dei cristiani nell’aldilà. Si tratta di una contraddizione insanabile, di una evidente capriola esegetica che va non solo contro il testo, ma anche contro lo stesso suo commento del testo e che si spiega solo col terrore di evitare, ad ogni costo, una qualche forma anche vaga di un ipotetico millenarismo.
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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30